
Lei è Giulia, sta uscendo da una gelateria, regge in mano un bicchiere trasparente che lascia intravedere il contenuto, associo immediatamente il colore del sorbetto con quello dei riccioli che le ornano il viso e senza pensarci troppo su mi ritrovo a chiederle di poterle scattare una foto.
Sono troppo impulsiva, lei però annuisce quando le spiego il motivo, forse sa di non passare inosservata, ci tiene a puntualizzare che i suoi capelli “sono ricci naturali e di solito sono color fucsia”.
Mi piacciono le persone colorate perché penso lo siano anche dentro, nel carattere, nell’anima.
Mentre cerchiamo uno sfondo adatto, difficile da trovare nella via trafficatissima in cui ci troviamo, mi dice che lavora in uno studio di analisi, ed io sto analizzando da vicino un viso armonioso, occhi grandi quanto basta per scrutare nel profondo, ho la sensazione di trovarmi di fronte ad una persona molto buona, dolce e soprattutto paziente.
Torino, agosto 2015
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Il mio incontro con Giulia è finito,
ma a volte dall’incontro e dall’osservazione delle persone scaturiscono altri pensieri, legati al mio vissuto:
Rosso, il colore dei suoi capelli, rosso, il colore che mi riporta indietro di qualche anno, ricordo mia madre indispettita che non si dava pace nel vedere i miei capelli così accesi, non le piacevano, non le piacevo con i capelli rossi, eppure mi ostinavo ogni tanto a ritornare a quel colore, ogni volta che andavo dal parrucchiere erano puntuali le sue raccomandazioni, quasi fossi una bambina “non tornare a casa rossa”; ogni tanto la ascoltavo, e tornavo di un altro colore, o di più colori, ma poi, impellente, ritornava il bisogno del rosso.
Ora è passato molto tempo,i miei capelli non sono più rossi, mia madre non è più seduta ad aspettarmi per rimproverarmi.
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Paola